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Cultura martedì 24 marzo 2020 ore 09:05

​I butteri dell'alta Maremma tra storia e leggenda

Le origini di questi caratteristici pastori a cavallo si perde nella notte dei tempi.



TOSCANA — Risulta difficile tracciare un confine geografico della Maremma, una regione dai confini territoriali sfumati che si estende al centro dell'Italia dall'entroterra pisano all'Agro Pontino e che disperde le sue radici storiche in un passato mitico ricco di leggenda. 

Una terra dura, falcidiata sino a tempi recentissimi dalla malaria nella quale la speranza di vita era assai ridotta, terreno fertile o meglio ideale per l'avvio dell'epopea dei butteri. Le origini di questi caratteristici pastori a cavallo si perde nella notte dei tempi. La stessa natura etimologica del termine buttero deriverebbe dal latino arcaico butoros, tradotto in “pungolatore di buoi”, riferendosi alle prerogative di ammaestramento e controllo del bestiame riservate a questa peculiare stirpe di gauchos. Probabilmente già dall'arrivo degli antichi romani i pastori etruschi pascolavano mandrie di buoi a cavallo sfruttando i selvaggi pascoli del centro Italia per la transumanza e tramandando nel tempo la loro conoscenza ancestrale del territorio, i percorsi e le insidie dei tragitti. 

Quando la legge romana smise di regnare sul mondo civilizzato e l'incertezza derivata dal collasso della perfetta macchina imperiale si diffuse a macchia d'olio nella penisola, i butteri continuano a battere imperterriti i loro cammini, assistendo al passaggio degli eserciti e ai cambi d'insegne trasformandosi sovente in briganti e cacciatori di frodo a seconda del mutare delle circostanze. Grazie alla loro natura nomade seppero più e meglio di altri adattarsi all'instabilità restando nel solco della tradizione, fedeli soltanto al bestiame e ai loro pascoli. 

La vacca maremmana dalle corna lunghe e arcuate e dal manto albino è il tesoro custodito dai butteri, le sue carni erano e sono tutt'ora considerate pietanza prelibata, mentre il cavallo maremmano muscoloso e dal baio mantello è l'inseparabile compagno di vita sulla cui sella, o scafarda in dialetto toscano, trascorrono gran parte della vita questi “uomini della prateria” ante litteram. Osservando lo scorrere delle stagioni e il mutamento dei confini i butteri hanno anche messo a punto una sorta di divisa che consiste in giacca di velluto, calzoni di fustagno, cappello a larghe falde (più spesso nero), cosciali e una sorta di poncho o pastrano per ripararsi dalle intemperie. I butteri stringono in mano un mazzarello, una sorta di pungolo che li aiuta a domare la natura selvaggia del loro gregge.

Altro attributo caratteristico dei butteri sono i loro folti baffi, un tratto distintivo di questi cowboy in salsa italiana che grazie alle loro folti appendici contribuirono a rendere popolare l'uso del mustacchio in Italia, oggi non più un semplice cliché visto che diversi personaggi in vista ne hanno fatto un loro marchio di fabbrica: vedi l'ex senatore abruzzese Antonio Razzi, il campione di Poker Mustapha Kanit e il presentatore Marco Columbro (solo per citarne alcuni). Probabile che ai butteri l'irsuta ispirazione fosse venuta quando, riunitisi a Roma l'8 marzo del 1890, diedero una sonora lezione in tema di monta di cavalli e ammaestramento del bestiame a Buffalo o “Baffalo” Bill (celebre baffone dell'epopea western a stelle e strisce) in una memorabile sfida nel corso della sua tournée nel Belpaese che si tenne in quello che oggi è conosciuto come il quartiere di Prati nella Capitale. A guidare la squadra di butteri che mise in brache di tela il leggendario eroe statunitense fu Augusto “Augustarello” Imperiali, specialista nella doma di puledri e grande protagonista delle fiere circensi dell'Italia dell'epoca.

I lavori di bonifica messi in opera durante gli anni '30 e '40 del Novecento, sponsorizzate dal regime fascista, limitarono le possibilità di allevamento allo stato brado riconsegnando di fatto la terra sanata in mano a contadini e mezzadri riducendo enormemente il numero di mandriani maremmani. Già dai primi anni del regno d'Italia i butteri iniziarono a soffrire enormi soprusi. Limitazioni territoriali, nuove leggi restrittive sul pascolo e la cessione di terre a privati ridussero considerevolmente le loro possibilità di manovra. Molti furono costretti alla fame e si diedero alla macchia iniziando a vivere di banditismo. Furono lanciate diverse campagne repressive dal neonato regno d'Italia e alcuni butteri reagirono ai nuovi “padroni” diventando celebri briganti come Domenico Tiburzi, mandriano originario di Cellere in provincia di Viterbo, che intorno alla seconda metà dell'ottocento terrorizzò gran parte del centro Italia con la sua banda. Un Robin Hood italiano che taglieggiava i ricchi proprietari terrieri, donando parte delle ruberie in dono ai poveri della zona e sostenendo le famiglia dei membri della sua banda uccisi negli scontri a fuoco con i carabinieri. Uno degli ultimi briganti che imperversò dal Lazio alla Toscana le cui leggende tuttora echeggiano nelle macchie della Maremma.

Nelle campagne della provincia pisana di butteri a cavallo ormai non v'è più traccia, per trovarne qualcuno che segue ancora la via tradizionale bisogna scendere fino a Grosseto che si sta affermando come un importante centro per la riscoperta e la conservazione di questo antico mestiere. Qui dal 2019 è attivo un corso di formazione per insegnare questa professione ai giovani che vogliano cimentarsi nell'allevamento della vacca maremmana seguendo una linea old school, un'occasione di lavoro per le nuove generazioni attratte dalla riscoperta della carne di maremmana, rinomato presidio slow food. Un rilancio dell'allevamento allo stato brado finanziato dal Fondo Sociale Europeo con il patrocinio di Regione Toscana e Toscana Formazione.

Sebbene in alcune aree del grossetano, in special modo nel comune di Albarese, sussista a tutt'oggi una nutrita rappresentanza di butteri raccolta intorno all'ente pubblico Terre Regionali Toscane è importante per la sopravvivenza di questa tradizione che una nuova generazione si renda pronta a succedergli, uno zoccolo duro pronto a cimentarsi con le sfide del futuro mantenendo viva la storia e la leggenda di questi antichi abitanti della Maremma.


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