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Cronaca mercoledì 10 gennaio 2018 ore 13:53

Giudice arrestato a Pisa verso la sospensione

Il provvedimento è stato sollecitato dal ministro Orlando. Registrata la consegna di una mazzetta dopo la vendita all'asta di un edificio in Lunigiana



ROMA — Il pg della Corte di Cassazione Riccardo Fuzio ha chiesto la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio per Roberto Rufo, il giudice arrestato ieri nell'ambito di una complessa indagine coordinata dalle procure di Genova e Massa su un sodalizio criminoso accusato di aver pilotato alcune aste indette dal Tribunale di Pisa (vedi qui sotto gli articoli collegati). Lo stesso provvedimento è stato sollecitato al Consiglio superiore della magistratura anche dal ministro della giustizia Andrea Orlando.

La sospensione è un provvedimento obbligatorio che viene assunto ogni volta che un rappresentante della magistratura viene sottoposto a misure cautelari. La sezione disciplinare del Csm si pronuncerà il 17 gennaio.

Nel frattempo emergono nuovi particolari sull'inchiesta, iniziata nel 2015 dalla procura di Massa e incentrata inizialmente su un'altra delle persone arrestate, il commercialista di Carrara Roberto Ferrandi, incaricato dal tribunale di Massa di provvedere alle vendite giudiziarie nell'ambito delle esecuzioni civili.

Era il dicembre 2015 quando una microtelecamera installata dalle forze dell'ordine nello studio di Ferrandi riprese il giudice Bufo mentre consegnava al professionista una mazzetta in denaro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, si trattava di una ricompensa per essersi adoperato affinchè il giudice si aggiudicasse all'asta un immobile di Villafranca, in Lunigiana. Il valore dell'edificio era stato stimato in 84mila euro ma Bufo riuscì ad acquistarlo per 23mila e poi a rivenderlo per 58mila.

I titolari delle indagini pensarono a quel tempo che potesse trattarsi di un caso isolato di corruzione ma, un mese dopo, Bufo e Ferrandi si incontrarono nuovamente e gli investigatori compresero di trovarsi di fronte a una modalità d'azione molto più strutturata.

Sempre secondo gli inquirenti, il commercialista Ferrandi "turbava sistematicamente i pubblici incanti", ad esempio mettendo in condizione le persone a cui era stati pignorati dei beni di rientrarne in possesso facendoli acquistare all'asta tramite prestanome e incassando una tangente ogni volta. Al momento i pm stanno indagando su dieci aste e ha accertato almeno due situazioni di  turbativa.


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