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giovedì 28 marzo 2024

JAZZ CORNER — il Blog di Leonardo Boni

Leonardo Boni

LEONARDO BONI - Un giovane economista, appassionato di basket che nei timeout coltiva un grande interesse per la musica e per il jazz.

Chet Baker - Oh You Crazy Moon

di Leonardo Boni - martedì 08 luglio 2014 ore 00:20

CHET BAKER - OH YOU CRAZY MOON

Chet Baker è argomento di discussione delicato, un campo minato. Probabilmente il più famoso trombettista bianco, ed un motivo ci sarà: semplice, un talento incredibile.

Charlie Parker lo ha voluto con sè agli inizi della sua carriera, dimostrando fin da subito che sarebbe andato lontano. E se ti chiama Charlie Parker, l'inventore del be-bop, del jazz "strimpellato", è buon segno.

Le influenze di Chet Baker partono quindi dal bebop ma anche da un tocco di bossanova, per pochi. E si sente in "Oh You Crazy Moon".

Ma perchè questo album? Perchè il Chet Baker del '78, stanco, ridotto alla miseria, costretto a girare tutta Europa suonando per sopravvivere?

Troppo facile. Qui si assapora un live in Germania per pochi intimi con una band di grande spessore dalla quale emerge Phil Markovitz al piano, delicato, perfetto accompagnatore alla voce e alla tromba di Chet.

Analizziamo il suono di Chet. "Beatiful Black Eyes" è, lo confesso, una delle mie canzoni Jazz preferite. Una melodia trascinante, per virtuosi della tromba. E qui emergono gli infusi di bossanova. Uno spettacolo. E Chet? Chet è una locomotiva.

Magistralmente supportato dal piano di Markovitz, parte in sordina, ma prende confidenza e lascia all'improvvisazione, che sempre lo ha guidato, fare il suo corso. Lo si avverte che è un suono che esce rozzo, soffocato quasi. La tecnica non è lineare. C'è qualcosa di differente. Cosa?

Beh, suona con la dentiera.

E suonare con la dentiera per un trombettista significa gestire due strumenti insieme.

Una delle attività più difficili che ci siano. Vuol dire disimparare e ricominciare a suonare con una nuova tecnica.

L'eroina gli distrusse con il tempo la dentatura, costringendolo alla rimozione dei denti nel '66. Altri sostengono che fosse stato coinvolto in una rissa dopo un concerto, ma non andò così.. Sarebbe stato troppo "bello".

Se un trombettista perde i denti, è come se perdesse l'equilibrio, il ritmo, la tecnica, il lavoro, la passione, la vita quindi. Tutto.

Cadde in depressione. Senza soldi. Si ridusse, sdentato, a fare il benzinaio.

Un amico lo salvò. E con una dentiera pronta, gli rimise la tromba in mano. E fu come imparare a scrivere con la mano debole. Pur avendo in testa i romanzi più belli che ci siano.

La sua dipendenza dalle droghe si evidenzia bene nel documentario "Let's Get Lost". No heroin, no genious. La bizzarra crudeltà della realtà.

Il live prosegue con "Oh You Crazy Moon", leggera, lenta, come se riprendesse dalla fine di "Beautiful Black Eyes".

Ma è in "Love For Sale" di Cole Porter che avviene la svolta. Un ritmo altalenante e repentino, si avverte Chet riprendere la confidenza con il vecchio be-bop, lasciando che il suo talento lo trasporti oltre gli ostacoli.

Sembra tornato. Stanco, ma pare quello scoppiettante dei 50s.

"Once Upon A Summertime" prepara alla solita usuale chiusura con "My Funny Valentine", che canta col suo filo di voce. Sofferente, stanco, con la tromba cantata. Classico di fine carriera. Ma penetrante. Il concerto finisce. Qualche spicciolo raccimolato per un altro club della Germania da raggiungere.

Questo era Chet Baker al tramonto. Un album che ne mostra la sua trasparenza, la sua unicità, ma anche le sue difficoltà. I lati deboli e quelli oscuri. La sua intimità. Mostra lui e il suo inimitabile genio. 

Leonardo Boni

Jazz Icons: Chet Baker- Live In '64 & '79 - Jazz & MPB - 22 maggio 2014

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